Alessia Navarro – “Marina di San Nicola è il nostro mare”

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Attrice impegnata nella battaglia a favore delle donne, Alessia Navarro, moglie di Pino Insegno, ci racconta il suo approccio con il teatro e l’amore per il nostro territoriodi Giovanni Zucconi

Abbiamo conosciuto Alessia Navarro, nel suo camerino, prima che entrasse in scena nel suo ultimo spettacolo teatrale: “Follia”. Uno spettacolo intenso che, come per il suo acclamatissimo lavoro precedente “Frida Kahlo. Il ritratto di una donna”, parla di tre donne dalla grande personalità, tutte antesignane, con molto anticipo, delle battaglie per la parità dei diritti. La Navarro è un’attrice giovane e bravissima, che ha recitato anche in diversi film, ma che trova, a mio parere, la sua massima espressione sulle tavole del palcoscenico. E’ un’attrice intensa, in grado di coinvolgere lo spettatore con la sua capacità espressiva fuori del comune. Ha anche la capacità, e il coraggio, di sperimentare espressioni e tecniche nuove, mai usate in una rappresentazione teatrale. Per farla conoscere meglio ai nostri lettori, ci ha gentilmente concesso l’intervista che segue.

Negli ultimi spettacoli teatrali, lei ha portato in scena quattro donne dalla forte personalità. E’ un filone che le è particolarmente congeniale o è solo un caso?

“Mi piace raccontare le donne, anche se non faccio solo questo. Già l’anno scorso, con Frida Kahlo, mi sono cimentata con una personalità molto forte. Raccontare delle donne, che a loro volta hanno avuto delle cose da raccontare, credo che sia molto importante in questo contesto storico, dove spesso ci si racconta solo di pochezze e di frivolezze attraverso i social.”

E’ diverso portare in scena personaggi inventati rispetto a quelli realmente esistiti? Immagino ci sia una responsabilità maggiore …

“Esatto. Mi ha rubato la parola: “Responsabilità”. Non è molto diverso, perché quando racconti la storia di qualsiasi essere umano, che ha delle sfaccettature molto particolari, e che ha vissuto una vita intensa, sicuramente c’è molto da raccontare. Così del resto come c’è molto da parlare di Giulietta di Shakespeare. Anche quella è una personalità molto bella da raccontare. Per quanto riguarda invece portare sulla scena storie di donne realmente vissute, lì c’è una piccola responsabilità in più. Ci deve essere un approccio al lavoro fatto con molta discrezione e con molta responsabilità. Per fare in modo che possa emergere un quadro il più veritiero possibile. Che poi è quello che ho sempre fatto io.”

Nel suo ultimo spettacolo “Follia”, è molto evidente una sperimentazione che propone al pubblico una contaminazione con riprese video in diretta, e rumori di scena generati da rumoristi professionisti. Non è molto usuale trovare questi effetti nelle opere teatrali.

“Non lo faccio per spettacolarizzare. Lo faccio perché mi sono innamorata di questo aspetto evocativo dopo aver conosciuto i rumoristi. I rumoristi hanno sempre fatto soltanto cinema, per cui è la prima volta che operano in un teatro. Loro, in questo spettacolo, fanno tutto in analogico, ed è questa la cosa bella. I cavalli, le carrozze, le fanno, per esempio, con le noci di cocco. Il tuono con la lastre. Li ho conosciuti, e mi sono innamorata. Insieme al regista abbiamo pensato che erano perfetti per rappresentare la mente di un folle. Così come la mente di un pazzo è scomposta, noi abbiamo dato vita a uno spettacolo scomposto su più piani differenti. Quindi ci sono i rumori, e c’è il gesto dell’attrice sulla scena che compie delle azioni. Poi c’è la musica che fa da sottofondo, e c’è questa ripresa di quanto succede sul palcoscenico, ritrasmesso in diretta sullo schermo davanti al pubblico, che è una cosa abbastanza originale.”

Quindi non è un modo di usare un linguaggio diverso, che possa avvicinare i giovani che vanno sempre di meno a teatro.

“E’ una scelta innanzitutto di cuore, perché nasce dal voler mettere insieme delle arti differenti. Senza pensare che così ci potevamo prendere anche quella fetta di giovani che non viene a teatro. Poi se tutto ciò crea curiosità, e avvicina anche le persone che magari si annoiano ad andare a teatro, a vedere un Dostoevskij, per esempio, ben venga.”

Intervistano attori e attrici, mi sono accorto che la maggior parte di loro ha poi sposato qualcuno del mondo dello spettacolo. E’ solo un caso favorito dalla frequentazione dello stesso ambiente, o così si condividono meglio le molte difficoltà, gli orari e le inevitabili assenze?

“Non credo che sia una regola, anche se, probabilmente, se io fossi stata un medico magari avrei conosciuto un sacco di medici, e forse mi sarei innamorata di un medico. E’ chiaro che in questo ambiente incontro maggiormente persone che fanno il mio mestiere. Però non è detto assolutamente. Mio marito fa parte di questo mondo, ma in passato ho avuto fidanzati che facevano tutt’altro. E’ anche chiaro che, in questo caso, c’è una facilitazione e una condivisione maggiore. Si parla lo stesso linguaggio. Quindi se c’è la tournee, se si è costretti a certi orari, lo si capisce meglio. Il problema è che non si stacca mai, e quando torni ti porti a casa il lavoro.”

Con Pino Insegno, suo marito, avete fatto anche degli spettacoli insieme. In questo caso, non si rischia veramente di portare il lavoro a casa?

“Si, però questo lavoro è così bello. Quando sei a casa, e magari ti metti a cucinare un piatto di pasta e ti scappa la battuta perché stai facendo memoria, e l’altro che sta apparecchiando ti risponde, unisci l’utile al dilettevole. Certo che se stai tutto il giorno, anche a casa, a lavorare, non va bene. Ma io e Pino siamo molto bravi a scindere, perché con un bambino di tre anni e mezzo, che richiede mille attenzioni, c’è veramente poco tempo per portare il lavoro a casa.”

Avevo letto, tempo fa, che suo marito, alla domanda di un giornalista che gli aveva chiesto se lei avesse voluto subito un figlio, ha risposto: “No. Perché in questo momento Alessia lavora tanto, e ha bisogno di spazi di crescita”. Poi invece ha avuto subito un bambino. E’ stato veramente un problema per la sua carriera? Ha avuto delle ripercussioni?

“Non è stato assolutamente un problema, perché io dopo due mesi io ero già in scena. L’unica ripercussione è che non ho dormito per due anni e otto mesi. No ho dormito per quasi tre anni. Per cui ho vissuto in una specie di bolla pur continuando a lavorare. Tanto se aspetti il periodo giusto per avere un figlio, questo non arriva mai. C’è sempre qualcosa da fare.”

Il suo sogno artistico nel cassetto?

“Quello di poter continuare a fare un teatro bellissimo. Questa è la mia vita. Questo è lo spazio per me sacro. Spero di calcare per tutta la vita le tavole del palcoscenico. Quindi il mio sogno è di invecchiare sul palcoscenico e, perché no, fare anche qualche film d’autore.

Ha dei ricordi legati a Cerveteri o a Ladispoli?

“Conosco bene queste due bellissime località, perché con Pino andiamo spesso in vacanza a San Nicola. Ci siamo stati anche quest’anno. Abbiamo preso in affitto una casetta per stare al mare con i nostri bambini. Il bambino minuscolo, e il più grande di Pino. San Nicola è il nostro mare di luglio. Si sta veramente molto bene, e ci andiamo sempre molto volentieri.”