Abusi sui bambini: il punto di vista della psicoanalisi

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Abusi sui bambini: il punto di vista della psicoanalisi

A cura del Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta

Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta

Lo psicoanalista scozzese R. Fairbairn fu il primo a descrivere, nel 1943, una peculiare operazione difensiva della psiche infantile che lui notò nel lavoro analitico con i bambini di cui i caregivers (coloro che si prendono cura del bambino e che solitamente sono i genitori) avevano abusato.

R. Fairbairn notò che questi bambini invece di dare la colpa dell’accaduto ai genitori abusanti tendevano, nella maggior parte dei casi, a idealizzarli e a vederli come “buoni”, mentre percepivano loro stessi come “cattivi” e meritevoli dei maltrattamenti, dell’incuria e/o degli abusi subiti (fisici o psicologici). In pratica, l’esperienza conscia del bambino è “sono cattivo o inadeguato e questo spiega il motivo per cui vengo trattato male dal mio genitore che non è malvagio ed inoltre se mi tratta come mi tratta allora vuol dire che me lo merito”.

Questa operazione difensiva del distorcere la realtà come appena descritto protegge il bambino dal prendere consapevolezza che le persone che dovrebbero aiutarlo e proteggerlo sono le stesse di cui ha paura e da cui deve proteggersi, cosa che comporterebbe per lui un conflitto insolubile e senza uscita. Conflitto che si può capire bene se teniamo a mente che i bambini piccoli sono totalmente dipendenti dai genitori e che devono trovare il modo per evitare di pensare che la persona da cui andare per cercare aiuto e protezione dai pericoli è essa stessa il primo pericolo da temere. Ecco allora che partendo invece dal presupposto che sia colpa sua, il bambino riesce a creare o proteggere un rapporto di accudimento idealizzato dove la madre (o il padre) sono “buoni” ed amorevoli, rimuovendo al contempo nell’inconscio gli aspetti spaventanti ed aggressivi di tali caregivers.

Quindi, detto in altri termini, invece di pensare “sono la vittima indifesa di persone che dovrebbero amarmi e proteggermi, ma a quanto pare non lo fanno”, il bambino abusato preferisce pensare “sono un bambino cattivo, che merita di essere maltrattato, ma se, un giorno, riuscirò a comportarmi bene, sarò amato”. Ecco quest’ultimo passaggio “ma se mi comporterò bene, sarò amato” è molto importante perché dà un senso alla comprensione del funzionamento mentale delle persone che da adulte si fanno maltrattare e restano con partner abusanti: esse hanno imparato nell’infanzia che il modo di reagire di fronte alle violenze subite o all’indifferenza non è difendersi allontanandosi (cosa che allora non potevano fare) ma aumentare i comportamenti amorevoli per “riparare” e “risanare” il partner maltrattante nella convinzione (irreale ed illusoria) che con il loro amore potranno cambiarlo. Ma così come non riuscirono a cambiare i genitori “allora” non riescono “oggi” a cambiare i partner solo con il loro amore incondizionato.

Gli studi condotti da Fairbairn vanno sotto il nome di “Teoria della difesa morale”: ora sebbene l’idea della difesa morale sia emersa dall’osservazione di bambini abusati, questa costellazione di difese può essere riscontrata in una vasta gamma di bambini ed adulti che si difendono dalla consapevolezza dell’indifferenza, della trascuratezza o dell’ostilità genitoriale (che sono altre forme di abuso) e che si presentano come persone cordiali e generose impantanate ed impegnate ad odiare se stesse come sforzo motivato di sostenere l’immagine di un mondo di persone buone dove loro giocano il ruolo di quelli indegni d’amore.

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