Te Absolvo, film che fa riflettere

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di Giovanni Zucconi

Assistere alla prima di un film, e doverne scrivere una recensione, ti carica di una grande responsabilità.

Responsabilità perché la tua opinione sarà presa come riferimento dai lettori de L’Ortica, e quindi dovrà essere espressa con la maggiore cura ed efficacia possibile. E purtroppo in questo caso non puoi nemmeno confrontare la tua opinione con nessun altro giudizio, espresso prima di te, da critici professionisti e sicuramente più autorevoli. Fatta questa premessa, ieri ho assistito alla prima del nuovo film di Carlo Benso, Te Absolvo, con protagonisti Toni Garrani, Igor Mattei, Karolina Cernic e Fabio Fazi. Sia gli attori che il regista erano presenti a questo evento che si è svolto al cinema Madison di Roma. Devo subito dire che il film mi è piaciuto molto. Si capisce che è un film girato con mezzi appena sufficienti, e che la sua riuscita è soprattutto il frutto della passione e del generoso lavoro del regista, dei bravissimi attori e di tutta la produzione. Credo sia importante sottolineare questo aspetto, perché solo in serate come queste, dove entri in contatto con i protagonisti del film, riesci a comprendere tutti i problemi, le angosce e le aspettative che sono dietro l’oggetto “film” che hai appena visto sul grande schermo. “…contiamo molto sul passaparola…” ci confida il magnifico Toni Garrani, parlando delle difficoltà che si incontrano nel girare un film con un basso budget. Ma quando mancano i soldi, vengono in soccorso le buone idee e le belle storie. E “Te Absolvo” è un film che ci racconta dei personaggi per me straordinari. I sacerdoti Andrea Caracci e Paolo Biancorè, la compagna di don Andrea e il sagrestano di pochissime parole, sono figure potenti che ti catturano fin dalle prime scene. Sono loro il film. La storia che si sviluppa è solo un pretesto per descrivere la loro tormentata personalità e i drammi, non solo interiori, che loro sono costretti a vivere. Drammi e scelte di vita che, per la caparbia ostinazione dei protagonisti a non mettere in discussione i propri ideali, ad in certo punto si intrecciano tra di loro in modo apparentemente indissolubile. Lo spettatore vive, durante tutto il film, la contrapposizione tra “cosa si deve fare perché è giusto farlo” e “cosa sono disposto a fare”, che emerge in tutti i protagonisti. La trama, come ho accennato prima, è solo un pretesto per fare parlare i personaggi. La senti quasi estranea, e forse a tratti poco curata. Un giovane sacerdote, don Andrea, prende possesso di una parrocchia nel Monferrato, dove vi trova il vecchio parroco don Paolo che, in qualche modo, continua a vivere nei locali della chiesa. E’ un parroco sospeso “a divinis” perché ha amato una donna del paese, e dalla quale ha avuto un figlio. Non si capisce a che titolo stia ancora lì, ma rimane lì e non se ne vuole andare. Ha fatto sposare la sua compagna con il suo sagrestano, un personaggio silenzioso e un poco inquietante, che è costretto a vivere una convivenza con una donna giovane e desiderabile senza che lui si possa nemmeno avvicinare a lei. In questo contesto si sviluppano i drammi personali dei protagonisti, e si evidenziano le scelte di ognuno, che sono solo in apparenza personali, perché condizionano pesantemente la vita di tutti gli altri. Direi di fermarci qui nella descrizione del film, per non togliere il gusto di chi lo andrà a vedere al cinema. Un film molto bello, che vi consiglio di andare a vedere al più presto. Prima che le spietate leggi del business dello spettacolo lo escludano, prematuramente, dalle sale cinematografiche.