25 SETTEMBRE 2022: STRATEGIA E TATTICA

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La campagna elettorale per le imminenti politiche del 25 settembre entra nel vivo.

di Antonio Calicchio

Qual è la differenza fra strategia e tattica? Anzitutto, giova precisare che questi due concetti derivano dall’ambito militare, anche se sono utilizzati pure in quello aziendale, finanziario, politico, ecc. Il lessico comune li identifica – erroneamente – come sinonimi, ma essi, seppur collegati concettualmente (perché non si dà strategia senza tattica e viceversa), tuttavia differiscono, sul piano semantico, profondamente. Ed infatti, stabilito di avere un obiettivo (militare, aziendale, politico, ecc.) da perseguire, la strategia rappresenta il “piano generale dell’azione”; la tattica, per contro, attiene all’impiego dei mezzi sul campo. La strategia riguarda il “perché”, la tattica il “come” realizzare una iniziativa. 

Orbene, per quanto concerne la competizione elettorale, che condurrà al voto del 25 settembre, è da sottolineare che non è agevole farsi, allo stato attuale, una idea, da parte degli Italiani, trattandosi, purtroppo, di una partita assai poco appassionante, in quanto gli attori in campo applicano solo tattica, senza strategia. 

Ne L’arte della guerra, Sun Tzu scrive: “Tutti possono vedere le mie tattiche, nessuno può conoscere la mia strategia”. Egli chiarisce che, mentre le tattiche sono concrete ed osservabili, una strategia generale è altrettanto importante. La questione, quindi, non è strategia o tattica, bensì strategia e tattica. Qualifica questi due concetti come due facce della stessa medaglia, nel senso che entrambi sono necessari per costruire gli obiettivi preposti.

Però, chi cerca di produrli esclusivamente con la strategia, non genererà alcun risultato, poiché le tattiche costituiscono le azioni utili all’attuazione della strategia. Quando si usa soltanto la strategia, si pianificherà solamente il raggiungimento della meta, anziché svolgere il lavoro indispensabile per ottenerla.

Del resto, non è possibile determinare gli obiettivi unicamente con la tattica. Quest’ultima, senza strategia, è come un lavoro senza scopo. Quando ciò accade, le persone compiono azioni arbitrarie, senza una finalità strategica predefinita. 

Ed infatti, in questa campagna elettorale, al di là dei cittadini-tifosi, ossia coloro che votano per la propria “squadra” politica, come se andassero allo stadio, il resto degli Italiani attende proposte, programmi, progetti o, persino, una “visione” per il Paese dell’avvenire, da soggetti capaci, competenti, esperti. Di tutto questo, sinora, si è visto ed ascoltato molto poco, nel senso che tutti dicono quel che intendono fare per vincere le elezioni, ma nessuno dice quel che intende fare se vincerà. 

Ergo, appare opportuno formulare promesse elettorali, da parte dei candidati, sol che essi riescano a mantenerle, mentre alcune forze politiche risultano occupate prevalentemente nella formazione della squadra più numerosa possibile, in funzione anti-avversario. E’ pur vero che la vigente legge elettorale non aiuta e che, come concepita, la miscela di maggioritario uninominale e proporzionale potrebbe premiare la quantità sulla qualità; ma è analogamente certo che ogni giocatore in campo non dovrebbe trascurare una regola aurea, cioè quella per cui le partite, intrise di eccesso di tatticismo, si rivelano tediose ed insidiose, tanto più che numerosi Italiani si sono, ormai, disaffezionati al gioco, come, peraltro, dimostra l’elevato astensionismo alle politiche del 2018, oltre che alle amministrative del giugno scorso, a causa sia del tracollo della politica da luogo della decisione, sia dello scivolamento della democrazia verso la demagogia retorica, già paventato da Platone, nel condannare la sofistica.