Riapre l’area archeologica del laghetto

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I 7.000 metri quadri del sito Unesco di nuovo visitabili grazie al lavoro svolto dal Gruppo Archeologico del Territorio Cerite
Grazie all’ottima sinergia ed alla più che proficua collaborazione messa in campo fra la Soprintendenza Archeologia del Lazio e dell’Etruria Meridionale ed il Gruppo Archeologico del Territorio Cerite alla quale va aggiunto l’assiduo e costante impegno  nei confronti del Sito UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità profuso costantemente in questi anni dall’Amministrazione Comunale di Cerveteri, dal 4 giugno è possibile visitare di nuovo i 7.000 metri quadri della zona  archeologica del “Laghetto” (poco meno di un campo di calcio regolare – 7.140 mq.) che è  sito nel lato est del pianoro della Banditaccia, il quale, in uno spazio così contenuto, racchiude ben 500 tombe appartenenti a tutta la tipologia etrusca (già indagate e studiate molto bene in passato dalla Fondazione Lerici – B. Zapicchi docet ) ad iniziare addirittura dall’VIII° secolo a.C. per finire al II° a.C. La denominazione di “Laghetto” data a questa interessantissima realtà  è semplicemente un “lascito” di un piccolo lago formato da acque sorgive e di impluvio già esistente al tempo dei Rasenna (Etruschi) di Caisra (Cerveteri) i quali, da grandi esperti di idraulica,al fine di tenerne le acque sempre regimentate avevano scavato un condotto di deflusso semisotterraneo passante sotto la suddetta necropoli e scaricante in quello che, attualmente, è chiamato fosso del Manganello. Vi è da dire che l’area del Laghetto, già a quell’ epoca, parallelamente all’uso sepolcrale, veniva anche utilizzata come cava di tufo come è ben visibile ancora oggi, per cui, accanto alle varie tombe, si vedono pure i tagli tufacei effettuati per l’asportazione del suddetto materiale. Fermo restando sempre il grande rispetto degli Etruschi per i loro defunti per cui, nel caso di un necessario spostamento di alcuni resti umani, questi venivano deposti in specifici viciniori pocula (ossuari) e ciò sempre, da parte loro, con tutte le attenzioni del caso. L’impegno sistematico (sempre sotto l’occhio vigile della Soprintendenza) messo in campo dai 25 volontari, attenti ed appassionati, del GATC per rendere fruibile ai visitatori, in sicurezza, tutta l’area si è protratto per un anno (condizioni meteo permettendo) ed è stato coordinato, con grande scrupolo e perizia, per la parte scientifica dall’archeologo Stefano Giorgi e per quella operativa dal sig. Gianfranco Pasanisi, entrambi espertissimi nei loro rispettivi ruoli. Come pure archeologo espertissimo è Flavio Enei coordinatore scientifico del Gruppo Archeologico del Territorio Cerite il quale è anche direttore di tutto il museo del castello di Santa Severa. Notevole è pure il fatto che alcune tombe fossero dipinte e che, a distanza di oltre 2.000 anni, le tracce di ciò sono ancora ben visibili destando l’ammirazione dei visitatori. Molta attenzione è stata posta anche alla tutela ambientale sia nel rispetto delle varie specie di piante che in quello di alcune pozze nelle quali, fra l’altro, ben convivono rane, rospi ed alcuni, sempre più rari, tritoni.

Arnaldo Gioacchini