Può un tacchino immaginare il suo futuro sulla base della propria esperienza? E noi?

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di Giovanni Zucconi

Possiamo prevedere il nostro futuro?

La risposta sembra scontata: no! Eppure tentiamo di farlo tutti i giorni, quando vogliamo pianificare la nostra vita, o quella degli altri, cercando di immaginare come potrà essere il mondo nei prossimi anni. Noi scegliamo gli investimenti che ci dovrebbero garantire i maggiori profitti, scegliamo la nostra carriera professionale, il paese dove abitare o gli studi con la maggiore possibilità di impiego. Queste scelte le facciamo basandoci spesso solo sulla nostra esperienza o di quella delle persone di nostra fiducia, come per esempio i nostri consulenti finanziari. Con questo scritto, una piccola pillola sul complesso mondo della filosofia della conoscenza, non voglio scoraggiare una sana pratica di pianificazione della propria vita, ma voglio provare a ridimensionare l’illusione che questa sia veramente possibile. Scriverò cose ovvie, ma spesso le nozioni più ovvie sono proprio quelle che trascuriamo di più nei nostri ragionamenti. Per esempio siamo portati a sottovalutare quanto sia estremamente complesso il mondo in cui viviamo, e tendiamo a sopravvalutare la nostra capacità di conoscerlo e prevederlo. Un’esemplificazione del nostro ragionamento è il cosiddetto “Problema del tacchino”, proposto nei primi anni del 1900 dal grande filosofo inglese Bertrand Russel. Immaginate di essere un tacchino appena nato, e di vivere in campagna in un piccolo allevamento. Cosa potreste dire della vostra vita? Che tutte le mattine una persona gentile e premurosa vi porta da mangiare, vi mette nuova acqua da bere e pulisce ben bene la vostra gabbia. Questo accade tutte le mattine… Passati uno o due mesi, vi comincerete a convincere che la vostra vita è fatta proprio di questo, e inizierete ad aspettarvi che possa continuare sempre così. Passati altri mesi di questa esistenza, sarete ancora di più convinti che tutte le mattine arriverà un signore simpatico a portarvi mangime fresco e abbondante. Se qualcuno vi chiedesse cosa farete nel giorno che gli umani chiamano Capodanno, direste che la mattina del primo gennaio mangerete del buon granturco insieme ai vostri compagni tacchini. Peccato che qualche giorno prima arriverà Natale e il contadino sceglierà voi come portata principale del suo pranzo. Noi, come il tacchino, tendiamo a semplificare la nostra rappresentazione del mondo, e non riusciamo a considerare nelle nostre previsioni gli eventi che non rientrano nella nostra semplificazione. Ma sono proprio questi eventi che più ci cambiano la vita, nel bene e nel male. Sono  proprio questi eventi eccezionali ed imprevedibili che qualcuno chiama “cigni neri” che determinano più fortemente il nostro futuro. Chi avrebbe potuto immaginare, solo 20 anni fa, la grande diffusione di Internet? Eppure ha cambiato la vita a milioni di persone nel mondo, creando nuovi ricchi e nuovi poveri. Intere categorie professionali, apparentemente solide, sono state travolte e qualche volta addirittura spazzate via dalle nuove abitudini legate ad Internet: agenzie di viaggio (ormai è possibile prenotare o organizzare viaggi di qualsiasi tipo direttamente su Internet), negozi di musica (la musica si scarica dal computer e si mette sull’iPod), giornali e riviste (nei soli Stati Uniti, dal 2008, hanno chiuso ben 158 giornali, e testate prestigiose come il New York Times, mica pizza e fichi, sono arrivate sull’orlo del fallimento). Si potrebbero fare numerosi altri esempi di come l’imprevedibile possa cambiare il corso delle nostre esistenze, di come le nostre vite possano essere modificate, nel bene e nel male, da quello che noi non conosciamo ancora. Eppure continuiamo a pianificare la nostra vita come se questo non possa mai accadere, e tendiamo a considerare i “cigni neri” solo quando essi si sono manifestati. Questo perché noi, per nostra natura, impariamo principalmente dall’esperienza e basiamo le nostre previsioni solo su quello che abbiamo conosciuto, trascurando quello che non conosciamo. Può sembrare un comportamento quasi ovvio ed inevitabile, ma purtroppo è proprio questo ci rende ancora più indifesi di fronte agli imprevisti, si tratti di mercati finanziari o di vita quotidiana. Ma una volta che siamo pienamente consapevoli del ruolo che l’ignoto gioca nella nostra vita, come ci dobbiamo comportare davanti all’imprevedibile? Io consiglierei due cose. La prima, più operativa, è quella di preparasi sempre un “piano B”: qualunque cosa succeda dobbiamo sempre avere almeno un’alternativa pronta. L’altra, più psicologica, è quella di predisporsi nel modo più positivo ed ottimista possibile di fronte al futuro. Una volta preso atto che si verificheranno molti eventi imprevedibili nel corso nostra vita, mettiamoci nella condizione mentale di poterli sfruttare tutti a nostro vantaggio, sia quelli positivi che quelli negativi. Non dobbiamo avere paura del “cigno nero”, ma dobbiamo considerarlo sempre un’occasione per fare qualcosa di nuovo e di diverso, magari dovendo ripartire da zero, ma sempre con la possibilità di raggiungere nuovi grandi risultati (mi sento tanto Paulo Coelho). Come dicono sempre in Confindustria: non ci sono problemi, ma solo opportunità. Chi volesse approfondire l’argomento, vi consiglio il bel libro, di Nassim Nicholas Taleb, “Il Cigno nero”, edito da Il Saggiatore.