“Se non sei perfetto ti dicono fallito”

0
3042

Al primo romanzo Elisabetta Tirabassi ha fatto centro, “Come vento sulla pelle” è uno dei fenomeni letterari del’anno di Giovanni Zucconi

Ho conosciuto un vero talento letterario, e vive a Cerveteri. Ha scritto un solo romanzo, ma è facile scorgere in lei la stoffa della scrittrice matura, e pronta ad affrontare il grande pubblico dei lettori. Si chiama Elisabetta Tirabassi, ed è una cerveterana doc di 37 anni. Ho cominciato a leggere il suo “Come vento sulla pelle” come di solito si leggono tutti i romanzi degli autori che devi intervistare: un po’ per dovere. Ma questa volta il dovere si è trasformato presto nel particolare piacere di leggere un opera che mi ha emozionato veramente. Confesso che nel finale mi è anche scappata una lacrimuccia. Eppure è un romanzo che, come vedremo meglio, è sicuramente indirizzato ad un pubblico di giovani lettori, cosa che purtroppo non sono più. Ma se lo leggerete anche voi, e vi consiglio di farlo, scoprirete un’opera letteraria ben scritta, con una trama abbastanza articolata, dove realtà e fantastico si mescolano in modo credibile. Leggerete un romanzo in cui la trama si evolve sotto i vostri occhi in percorsi imprevedibili, in un crescendo di scoperte e di emozioni. Il libro, edito dalla Nativi Digitali Edizioni, è disponibile sia in ebook che in formato cartaceo, se acquistato su Amazon. Ho avuto il piacere di conoscere personalmente l’autrice Elisabetta Tirabassi, che gentilmente ci ha concesso una lunga intervista, di cui riporteremo solo un breve estratt

Signora Tirabassi, a chi è indirizzato il suo romanzo?

“Diciamo che è indirizzato ai ragazzi, ma non proprio agli adolescenti. Il target nella mia testa era quello dei ventenni, che è più o meno l’età che hanno i protagonisti Tobias e Anna”.

Come mai ha deciso di scrivere un romanzo con dei giovani protagonisti, indirizzato ad un pubblico giovane?

“Perché in realtà a me questo tipo di storie piacciono. Amo le storie d’amore. E l’età post adolescenziale è il momento in cui i sentimenti sono sicuramente un po’ più genuini. Ci sono meno sovrastrutture nei giovani, ed è un bel periodo da raccontare. E’ tutto molto emozionale in quella fase di età. Poi si cresce, e i rapporti diventano un po’ meno genuini, e l’amore diventa un po’ più razionale”.

Lei è di Cerveteri e vive a Cerveteri. Ma nel suo romanzo, pur ambientato in una città che potrebbe essere Cerveteri per vicinanza a Roma, non la nomina mai. Eppure nella sua biografia, in cima a tutto c’è: “vive a Cerveteri”

“In realtà ci sono tanti indizi nel mio romanzo che dovrebbero fare pensare a Cerveteri. Ma non l’ho citata mai di proposito, perché volevo descrivere una città di provincia dove tutti si potevano riconoscere. Le città intorno a Roma si somigliano un po’ tutte. Sono ambienti spesso un po’ limitanti, specialmente per i giovani, per i ventenni. Avrei potuto ambientare la mia storia a Cerveteri, ma in questo caso un lettore di un altro paese avrebbe fatto più fatica a riconoscersi nei personaggi. Inoltre la mia storia, in qualche modo, è quasi una fiaba, e anche per questo ho cercato di mantenere questa ambientazione un po’ vaga. Ma nello stesso tempo, secondo me, tutte le persone di Cerveteri riconoscono il proprio paese dai tanti dettagli che ho disseminato nella trama. Io sono molto fiera di vivere a Cerveteri. Più cresco e più mi piace. Da ragazza invece volevo vivere a Roma. La tranquillità di Cerveteri l’ho cominciata ad apprezzare crescendo”.

Tobias, uno dei protagonisti, ha il potere di leggere le emozioni e i sentimenti delle persone che gli stanno accanto. Per lei conoscere i sentimenti di una persona, conoscerli anche se l’altro non li vuole manifestare, è qualcosa che ritiene particolarmente importante e utile in un rapporto? Non crede che spesso il nascondere i propri sentimenti, l’utilizzare una maschera, sia un’autodifesa?

“Sicuramente la condizione normale è trovare più maschere che volti (alla Pirandello). Tra le varie sovrastrutture degli adulti, c’è purtroppo anche la tendenza a nascondersi dietro una maschera, a non mostrare le proprie fragilità. Questo perché viviamo in un mondo dove le fragilità non vengono accettate facilmente. La nostra generazione è quella del perfezionismo. Dove i modelli sono quelli delle persone iper performanti, che possono fare tutto quello che vogliono, e possono arrivare dappertutto. Se per caso non rientri in un quadretto di perfezione, sei un fallito. Siamo quindi tentati a nascondere le nostre fragilità, perché vengono scambiate per fallimenti. Ma le fragilità non sono fallimenti”.

Il suo romanzo sembra scritto come una sceneggiatura. Pronto per essere rappresentato in un film?

“Questo perché io sono una persona molto visiva. Immagino prima le scene. Tutte le pagine che ho scritto me le sono prima immaginate visivamente nella mia mente. Nella mia testa mi sono anche immaginato tutte le inquadrature di ogni scena. Per questo forse le sembra già pronto per una sceneggiatura”.

C’è una morale che voleva trasmettere scrivendo questo romanzo?

“Nello scrivere “Come vento sulla pelle”, non pensavo di condividere una morale, ma in fondo qualcosa c’è. Mi piacerebbe convincere le persone che nella vita bisognerebbe andare oltre le cose che ci spaventano. Tobias ha paura del rifiuto degli altri, ma nella vita reale i rifiuti sono all’ordine del giorno. La morale è che non bisogna farsi fermare dalla paura, ma bisogna lasciare che le proprie emozioni scorrano liberamente, e fare quello che si desidera”.