Le emozioni nella psicoterapia

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A cura della Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta

Dott.ssa
Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapauta

Una buona terapia è un rapporto dinamico tra clinico, cliente e metodo” (EMDR, Shapiro F., Silk Forrest M., ed. Astrolabio, 1998). Questa frase racchiude l’essenza della psicoterapia.

Ma cosa vuol dire nella pratica? Innanzitutto, qualsiasi psicoterapia è caratterizzata da tre elementi fondamentali: il terapeuta, il cliente e il metodo.

Mi spiego meglio. Parto dal terzo elemento, il metodo. Qualsiasi approccio psicoterapeutico (psicanalisi, comportamentismo, ipnosi, transazionale, ecc.) ha lo stesso punto di partenza e lo stesso punto di arrivo: si parte da un malessere di una persona e si arriva al suo benessere (benessere e malessere sono diversi da persona a persona).

Ciò che differenzia le psicoterapie, è la tecnica, il metodo. L’ipnotista usa l’ipnosi, il comportamentista usa la desensibilizzazione sistematica, ecc. Secondo elemento: il cliente. Il cliente contatta il clinico per risolvere un suo stato di malessere e porta la speranza di risolverlo, capirne i motivi e, soprattutto, vuole stare bene.

Inoltre il cliente porta la sua personalità, la sua vita o parte di essa e le sue emozioni. Primo elemento: il terapeuta o clinico. Egli è un esperto, uno specialista in una determinata branca della psicoterapia; incontrando il cliente mette in atto il metodo ma anche la sua personalità.

Parafrasando la frase introduttiva, la psicoterapia è un incontro tra due persone ed una tecnica ma, affinché il malessere sia trasformato in benessere, questi tre elementi devono intersecarsi in modo dinamico e vivace completandosi armoniosamente a seconda del momento.

La psicoterapia, quindi, può essere vista come uno scambio tra persona e terapeuta: la persona mette a disposizione la sua vita, il terapeuta i suoi strumenti. In questo scambio, le emozioni giocano un ruolo importante. Il cliente arriva con un bagaglio, a volte represso a volte troppo espresso, di emozioni.

Il terapeuta riesce a farle emergere, a darne un ordine, a contenerle e ne dà, alle volte, un nuovo significato. Per esempio, mi capita spesso di legittimare la rabbia repressa. Molte persone, per educazione ricevuta, pensano che la rabbia sia un’“emozione cattiva e che se mi faccio vedere arrabbiata/o non sarò più degna/o di amore” e che le persone buone non la provano.

La rabbia, invece, è un’emozione primaria e come tale è presente ed essenziale per la vita. In questo modo la persona ha il permesso di ri-conoscere la rabbia e di esprimerla in modo adeguato. Altre volte, durante un racconto, provo la tristezza che una persona non esprime.

Il cliente separa l’evento raccontato dall’emozione corrispondente; il terapeuta, la riconosce, la sente e la prova.

Poi la comunica al cliente e, con manovre terapeutiche, gli restituisce l’emozione alleggerita, omogeneizzata, digerita. Questi sono solo alcuni esempi. Anche il terapeuta, infine, ha le sue emozioni che arrivano dalla sua vita quotidiana e dalle persone con cui lavora. Il terapeuta esperto, attraverso un’attenta osservazione di se stesso, sa la differenza tra il suo bagaglio emotivo personale e quello portato dal cliente.

È necessario che, qualora non riesca a fare questa differenziazione, il terapeuta richieda una supervisione.

Dott.ssa AMR Masin
Cerveteri-Roma
masin1970@gmail.com