GENNARO IL FORNAIO, UN UOMO CHE PROFUMA DI BUONO

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di Felicia Caggianelli 

Il sindaco Paliotta si è recato in questi giorni presso il Vapoforno, in via Duca degli Abruzzi, per mettere al corrente Gennaro Peluso, storico panificatore di Ladispoli, che è stata inoltrata alla Presidenza del Consiglio la proposta di nominarlo Cavaliere del Lavoro della Repubblica Italiana.

Gennaro, campano di nascita, Laziale d’adozione è venuto a Ladispoli in tenera età, e da 71 anni lavora in uno dei forni storici della città costruito nel 1950. La notizia ha suscitato grande emozione in quanto inaspettata. Per conoscere meglio questo maestro lo abbiamo incontrato… naturalmente presso lo storico forno dov’era con le mani in pasta e dove ci ha accolti con un buonissimo pezzo di pizza e mortazza…è stato questo il suo biglietto da visita la semplicità, la gentilezza, l’accoglienza, il farti sentire uno di famiglia. E Gennaro, da buon napoletano queste caratteristiche le ha innate. È un uomo che profuma di buono, proprio come il suo pane. Compirà 80 anni a Dicembre di quest’anno    e alla domanda: se lo aspettava di ricevere un riconoscimento? Sorride e risponde: “no, ma se me lo danno sarebbe bellissimo. Il coronamento di una vita fatta di lavoro. Non è solo perché la pizza è buona. È perché sono un gran lavoratore”. Fare il panettiere era il suo sogno da bambino? “Sì era nel mio DNA. Mi è sempre piaciuto stare a contatto con la farina. Ricordo ancora oggi il consiglio che mi dette tanto tempo fa il mio maestro: se tu impari questo mestiere non ti caccerà mai via nessuno; c’avrai il pane per la vita. Infatti mi sono potuto togliere tante soddisfazioni però, tutte con il lavoro. Mi ci sono buttato a capofitto”. Con il sole o la pioggia, sfidando la neve in sella alla sua bicicletta di chilometri ne ha macinati in tutti questi anni di lavoro e di gente che lo conosce, che gli vuole bene e lo rispetta ce n’è tanta. Non a caso la notte è un punto di riferimento anche per le forze dell’ordine che vigilano sulla città sono loro, infatti che gli hanno regalato una bici nuova con tanto di dedica. Con gli occhi lucidi mentre ricorda gli aneddoti della sua vita si lascia andare ad un piccolo sfogo… Dico sempre ai carabinieri che fanno il turno di notte: date uno sguardo perché io devo morire qua dentro e se non ce moro me ce devono portà…La genuinità di questo uomo è disarmante, insieme proviamo a sfogliare le pagine dell’anima di questo piccolo esempio di gran lavoratore. Signor Gennaro facciamo un passo indietro a quando è arrivato a Ladispoli…Cosa ricorda? “Quando sono venuto a lavorare a Ladispoli il forno non era quello attuale in via Duca degli Abruzzi ma si trovava di fronte in un vecchio edificio, in una casa su due piani di proprietà di Renzo e Paola Valeri, avevo solo otto anni. Ricordo che c’era un forno a fascine. Un giorno passò mio padre sulla strada e il titolare del forno gli si avvicinò e gli chiese: quanti soldi devo dare al ragazzo per il lavoro? E mio padre gli rispose in napoletano: nun vojo niente, basta che u levat da miez a via. E così per cinque anni non presi una lira. Un giorno, venne a lavorare in un forno vicino un mio cugino. Lui guadagnava cinque mila lire al mese; io mi feci coraggio andai dal titolare e lo misi a conoscenza che volevo andare a lavorare in un altro forno dove potevo guadagnare qualche soldo. Se non che mi disse: te li damo pure noi cinquemila lire e così rimasi lì. Nel 1956 fu costruito l’attuale forno. Fu l’anno della grande nevicata. C’era neve dappertutto e solo noi lavoravamo qua dentro”. All’inizio degli anni 80, con l’avanzare dell’età, Renzo Valeri decide di cedere l’attività così Lei con Giancarlo Marchionne la rilevate. Che ricorda di quel momento? “Fu una cosa cotta e mangiata. Veloce. Mi ricordo che domandai a uno più anziano di me: com’è la società? E questi mi disse: Una volta te devi sta zitto tu e una volta se deve sta zitto lui…” E così hanno fatto e sono andati avanti in comune accordo e con passione facendo quello che sapevano fare meglio ovvero panificare all’insegna della tradizione e della qualità con i loro familiari e con il giovane Simone; un ragazzo bravissimo sul quale Gennaro ha riposto la sua fiducia essendo diligente, responsabile e volenteroso di imparare ogni piccolo segreto seguendo gli insegnamenti dello storico maestro del territorio. Voltiamo pagina e parliamo della sua famiglia. Questo lavoro un po’ di tempo alla sua famiglia lo ha tolto? “Diciamo che ai miei tempi le mogli ragionavano diversamente rispetto ad oggi. Una volta quando si andava a ‘puntare il matrimonio’, ovvero ad incontrare la famiglia della futura sposa, la suocera chiedeva allo spasimante il lavoro che faceva. Se questi era carabiniere, per esempio, quando il ragazzo andava via la madre diceva alla figlia prendilo ha il lavoro sicuro! Adesso invece si dividono tutti. Sono stato fortunato con il lavoro e ancor di più con la famiglia. Mia moglie non è stata una di quelle donne che voleva essere portata a spasso, anzi mi ha dato tante soddisfazioni. Mi è stata sempre vicino, una vera battagliera sul lavoro e ancora oggi è instancabile”. Una bella famiglia, un bel lavoro tante soddisfazioni. C’è qualcosa che vorrebbe dire a sua moglie? Glielo dico sempre che l’amo. Guai a chi me la tocca. Non a caso me la sono sposata tre volte ovvero il giorno del matrimonio, e in occasione delle nozze d’oro e d’ argento quando abbiamo rinnovato le promesse. Allora è proprio vero che dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna? “Sì; lei mi ha regalato quattro gioielli. I miei figli. Michele, Patrizia, Paola e Letizia. Io e mia moglie li abbiamo aiutati tanto. Abbiamo fatto tutto per loro. Io ho 80anni e ancora lavoro per loro. I figli so piezz e core. Signor Gennaro ce l’ha qualche desiderio? “Io tanto tempo fa ho chiesto al Signore delle cose e devo dire che sono stato ascoltato. Solo una cosa non l’ho chiesta ovvero di avere il riconoscimento di Cavaliere del lavoro. Ero ragazzino e non sapevo che ci fosse. Sarebbe bello ricevere questo riconoscimento. Me lo sono guadagnato con 71 anni di lavoro. 71 anni che tocco la farina eppure vorrei provare a tagliarmi le vene e a vedere se esce sangue o farina. Se esce sangue vuole dire che non sono ancora pronto e devo ancora lavorare”. Salutiamo Gennaro e gli auguriamo che questo riconoscimento lo riceva soprattutto perché è un modello di vita che profuma di buono… proprio come il suo pane.