Amatrice 1983: la mia prima volta con la “maglia bandiera” Sèleco della Lazio

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di Emiliano Foglia

Era l’estate del 1983, vissuta come ogni anno a pochi km da Amatrice, terra delle mie vacanze estive che fin dall’infanzia mi ha visto crescere a ridosso degli adorati Monti della Laga, in quella stessa terra a cui il “mostro” il 24 agosto 2016 ha deciso di far visita e senza lasciarla più. Le vacanze di noi bambini erano tutte all’insegna della libertà, della spensieratezza e senza quei tanti divieti imposti a Roma durante tutto l’anno al cui rispetto eravamo obbligati. La natura, le montagne, l’aria buona, i prati verdi ed i campi di calcio delle ridenti frazioni amatriciane regalavano a noi piccoli calciatori interminabili partite di pallone che duravano dalle 9 di mattina alle 8 di sera, mentre l’intervallo tra il primo ed il secondo tempo coincideva con la sosta dedicata al pranzo. Le nostre famiglie si prendevano cura di noi solo per sfamarci, medicarci – se capitava qualche piccola ferita – e per obbligarci a lavarci accuratamente prima della cena. Nella località di Preta (frazione di Amatrice), situata a circa 1200 mt sul livello del mare, era di casa anche l’ex arbitro internazionale e direttore sportivo della Lazio del ’74 Antonio Sbardella, al quale noi bambini spesso ci rivolgevamo per un piccolo regalino, che non di rado si tramutava in un gadget biancoceleste: una penna, un gagliardetto, una spilletta o un adesivo. Un giorno Sbardella radunò tutti noi (anche quelli di fede non laziale) e ci consegnò qualcosa che aveva dell’incredibile: un’intera muta della Lazio, dove spiccava l’aquila stilizzata della leggendaria “maglia bandiera”. Ricordo ancora perfettamente quell’enorme borsone di colore azzurro, da dove uscirono ben 14 maglie biancocelesti e 2 verdi per i portieri, tutte numerate e con lo sponsor Sèleco. Il borsone conteneva anche i pantaloncini ed i calzettoni del completo. A me toccò la verde numero 1 e non dovetti litigare con i miei amici, poiché nessuno voleva fare il portiere. Saranno state le ore 15 e non riuscivo a trattenere la gioia che era ormai incontenibile; avevo la stessa divisa che utilizzavano i miei idoli, quelli bravi, quelli che da poche settimane avevano riportato la Lazio in Serie A: Giordano, Manfredonia, D’Amico ed il “biondo” giovane portiere Orsi. Corsi subito a casa, volevo condividere la mia gioia con i miei genitori, ma loro stavano riposando ed era vietato disturbarli. La gioia era troppo grande, come anche la paura di riconsegnare quella maglia alla fine dell’estate. Spalancai la porta (scricchiolante) della camera da letto e li svegliai brutalmente. Mio padre bofonchiò e non mi diede retta, mia madre invece alla mia richiesta di scattarmi una foto, impugnò subito la macchina fotografica immortalandomi sulle scale della casa con la “maglia bandiera” da portiere. La posa da me scelta era quella tipica dei calciatori sulle figurine del album dei calciatori della Panini. Da quel momento noi ragazzini di Preta eravamo fummo tutti equipaggiati con il completo che nessuna località poteva vantare, avevamo la stessa divisa indossata dai calciatori della Lazio. Con quel completo disputammo diverse amichevoli (la foto mi ritrae con il mio amico Andrea Cherubini, nella località di Capricchia, frazione di Amatrice) e due importanti tornei giovanili organizzati dal Comune di Amatrice. Il mio ricordo più nitido va alla finale del “Torneo delle Frazioni 1983” giocata solo per quell’evento sul campo in erba dei grandi, utilizzato quell’estate dal Perugia Calcio in ritiro nel comune reatino. Perdemmo la finale proprio contro Amatrice, che vantava tra le sue file un ragazzino dal futuro assicurato in Serie A come Gianni Cavezzi. Finì 1-0 a casa di un doppio autogol. Un tiro non irresistibile da fuori area, con la palla che carambolò addosso a due miei compagni e condannò la mia squadra alla sconfitta. La delusione in quelle ore fu tanta, anche perché le vacanze stavano per terminare e bisognava rientrare a Roma. Ricordo però, che il viaggio di ritorno nella Capitale non fu triste come quello delle estati precedenti, per tutto il tratto della Via Salaria che percorrevamo con la macchina, stringevo affettuosamente tra le mani la “maglia bandiera” della Lazio numero 1.